Tratto da www.gaianews.it
Il WWF, il FAI, la Lipu e Montain Wilderness si schierano contro le modifiche sulla legge 394/91 in discussione al Senato. Le associazioni ritengono molto criticabili tre aspetti: l’equilibrio degli interessi che entrano in gioco nella gestione di un Parco, il divieto di caccia nei Parchi e il meccanismo di finanziamento degli Enti Parco con l’introduzione della riscossione di una royalty.
Le associazioni affermano che la legge può essere rivista, ma senza dimenticare l’obiettivo principale per cui le aree protette sono state istituite, cioè la conservazione dell’ambiente.
Secondo le associazioni “Le proposte di modifica intendono spostare questo delicato equilibrio a vantaggio di coloro che rappresentano interessi locali e di settore con una maggioranza dei rappresentanti degli Enti Locali e l’introduzione di un rappresentante delle Associazioni agricole nel Consiglio direttivo degli Enti Parco, attribuendo tra l’altro di fatto a questo organo la nomina del Presidente. Allo stesso tempo verrebbero eliminati i rappresentanti del mondo scientifico e ridotta la presenza delle Associazioni ambientaliste.
Il risultato sarebbe il prevalere degli interessi particolari, soprattutto in questo momento di crisi economica, rispetto all’interesse generale e collettivo della conservazione della natura, principale motivo della creazione delle aree naturali protette. Queste modifiche, insieme alle nuove procedure previste per la nomina dei direttori dei parchi, non farebbero che aumentare la politicizzazione degli Enti Parco.”
Per ciò che riguarda la caccia, per le associazioni l’introduzione del controllo faunistico col pretesto del cinghiale è solo un modo per favorire il mondo venatorio. Infatti la questione potrebbe essere affrontata con i mezzi a disposizione delle aree protette come sta già succedendo in alcuni parchi.
Terzo aspetto della contestata proposta di riforma della Legge quadro è il meccanismo di finanziamento degli Enti Parco con l’introduzione della riscossione di una royalty o di canoni su alcune attività ad elevato impatto ambientale come la coltivazione di idrocarburi, gli impianti idroelettrici di potenza maggiore di 220 kw, gli impianti a biomasse, gli oleodotti ed elettrodotti fuori terra, le attività estrattive in area contigua, le adduzioni idropotabili e la concessione di posti barca. Un’interpretazione tutta italiana del tema dei “pagamenti dei servizi degli ecosistemi” di cui si discute da tempo a livello internazionale, tra l’altro mai citati nei testi in discussione, che nelle forme proposte delle royalty o canoni determinerebbero un pesante condizionamento delle decisioni di un Ente Parco che in prospettiva sarebbe a larga maggioranza controllato dai rappresentanti dei Comuni. . |
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CERTO CHE NON GLI VA' MAI BENE NIENTE...... ALMENO CHE NON SI PARLI DI DARGLI ALTRE RISERVE....O COSTITUIRE ALTRI PARCHI......MA FATELA FINITA-
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