venerdì 12 luglio 2013

ENNESIMA FIGURA BARBINA DELL'UFFICIO REGIONALE ALLA CACCIA DELLA REGIONE ABRUZZO..... ALTRA VITTORIA DEL MONDO AMBIENTALISTA .........E ORA VEDIAMO COSA SI INVENTERANNO LE GLORIOSE MENTI REGIONALI....


N. 00719/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00499/2012 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 499 del 2012, proposto da:
Associazione Italiana Per Il World Wide Fund For Nature Ong-Onlus, Animalisti Italiani Onlus, rappresentati e difesi dall'avv. Michele Pezone, con domicilio eletto presso Paolo Avv. Iannini in L'Aquila, via Duca degli Abruzzi, 18 - Sassa;

contro

Regione Abruzzo, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in L'Aquila, Complesso Monumentale S. Domenico;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Federazione Italiana Della Caccia, rappresentato e difeso dagli avv. Innocenzo Gorlani, Mario Gorlani, Danilo Consorti, con domicilio eletto presso Tar Segreteria in L'Aquila, via Salaria Antica Est; Federazione Delle Associazioni Della Comunita' Europea-Sezione Italia-F.A.C.E., rappresentato e difeso dagli avv. Danilo Consorti, Innocenzo Gorlani, Mario Gorlani, con domicilio eletto presso Tar Segreteria in L'Aquila, via Salaria Antica Est;

per l'annullamento

della deliberazione della giunta regionale n.492 del 30/07/2012 con cui è stato approvato il calendario venatorio 2012-2013.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Abruzzo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 giugno 2013 il dott. Paolo Passoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

 

Con deliberazione della Giunta regionale Abruzzo n. 492 del 30.7.2012 è stato approvato il calendario venatorio 2012/2013.

A mezzo di numerose doglianze, analiticamente esaminate in diritto, l’Associazione Italiana per il World Wide Fund For Nature ONG-ONLUS (WWF) e l’Associazione Animalisti Italiani ONLUS hanno proposto il gravame in epigrafe, passato in decisione all’odierna udienza pubblica del 12.6.13.

Si è costituita in giudizio la Regione Abruzzo, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di L’Aquila che ha controdedotto con memorie.

Sono poi intervenute ad opponendum la Federazione Italiana della caccia (Federcaccia) e la Federazione delle Associazioni della Comunità Europea – Sezione Italia (F.a.c.e.), che hanno parimenti illustrato con memoria la loro posizione oppositiva verso i dedotti motivi di gravame.

Con decreto presidenziale 226/12 e con ordinanza 274/12 (confermata in appello dal Consiglio con ordinanza 4606/12), il Tar ha accordato la misura cautelare limitatamente ad alcuni profili dell’impugnativa.

Con delibera n. 671 del 15.10.2012, la Giunta Regionale –richiamate le predette misure di sospensiva sul calendario impugnato- ha adottato modifiche ed integrazioni al (solo) dichiarato fine di conformarsi al decisum cautelare del tar, senza peraltro che su tale sopravvenuta deliberazione le parti abbiano espresso considerazioni di sorta.

Alla pubblica udienza del 12.6.13, la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

Va in primo luogo precisato che sussiste l’interesse alla presente decisione, anche se l’impugnativa riguarda il calendario venatorio per un periodo ormai trascorso (2012-2013); ciò in quanto –trattandosi di provvedimenti annuali che regolano la caccia sul territorio- le normae agendi della sentenza possono ancora rivestire concrete utilità, ai fini della predisposizione dei prossimi calendari (sul punto, funditus, questo tar n. 606/13, 440/12; cfr. anche Tar Lombardia -MI- 533/2010).

Risulta inoltre pacifica e non controversa la legittimazione attiva dei ricorrenti, enti associativi radicati sul Territorio Nazionale, statutariamente esponenziali di interessi di tutela ambientale e protezionistica.

Passando al merito del gravame, con un lungo preambolo in diritto (che anticipa le doglianze di dettaglio prescrittivo), le ricorrenti hanno ripreso argomentazioni generali già svolte nel corso delle varie impugnative azionate da associazioni ambientalistiche su pregressi calendari di caccia, insistendo nel rilevare, a carico della procedente Regione, la mancanza di un aggiornato piano faunistico venatorio regionale e il consequenziale deficit di dati scientifici sul prelievo (e sulla salute) delle varie specie interessate dalla caccia, circostanze che avrebbero dovuto impedire più in radice qualsiasi programmazione venatoria, fatta salva, in ogni caso, la sistematica illegittimità delle prescrizioni non condivise dall’ISPRA.

A tali doglianze hanno replicato i patroni resistenti.

Essi sostengono che, a ben vedere, non potrebbe opporsi l’effettiva carenza in Abruzzo di un piano regionale faunistico, partendo dall’art. 12 della L.R. 10/04 ove si prevede che la Regione debba coordinare nel proprio piano faunistico la compatibilità dei piani faunistici venatori provinciali; ebbene, alla luce delle intervenute approvazioni regionali per tutti i piani faunistici medio tempore predisposti dalle Province abruzzesi (così la Regione ha ritenuto di procedere, in luogo di un proprio piano di coordinamento), la verifica della compatibilità di cui al citato art. 12 L.R. 10/04 dovrebbe intendersi implicitamente effettuata, così da sostituire a tutti gli effetti la formale delibera di un nuovo piano faunistico regionale.

Ritiene il collegio di dissentire in primo luogo da tale abile ma infondata ricostruzione ermeneutica, mirata a ravvisare, nell’attività approvativa dei piani provinciali ad opera della Regione, una formazione implicita del piano faunistico venatorio, di diretta competenza del citato ente territoriale.

In realtà, l’art. 12 della L.R. 10/2004 puntualizza in modo univoco che tale piano “è approvato dal Consiglio Regionale ed ha validità quinquennale”. Pertanto non si vede come l’avvenuta approvazione singulatim dei quattro piani provinciali possa aver sostituito per implicito quel vaglio consiliare, chiamato a coordinare in modo unitario, autonomo e sopraordinato –attraverso un esame di compatibilità complessiva- i singoli piani delle Province. Senza oltre considerare che –nel peculiare modus operandi scelto dalla Regione- solo il piano provinciale approvato per ultimo avrebbe potuto coordinarsi con gli altri tre, visto che le approvazioni de quibus non sono intervenute contestualmente, bensì a distanza di tempo una dall’altra. In ogni caso si vedrà in proseguo come, fra quelli provinciali, solo il piano faunistico della Provincia di Teramo è stato approvato nel 2011, mentre gli altri piani risultano vagliati dalla Regione da oltre cinque anni, vale a dire più o meno da quando ha perso efficacia il piano venatorio regionale fermo al 2007, così che nessuna effettiva supplenza pianificatoria potrebbe comunque presumersi da tali approvazioni regionali.

Quanto alle ricadute, sul calendario venatorio, di un carente piano faunistico regionale e di una carente presupposta banca dati scientifica in grado di testare la salute della fauna selvatica (anche di quella sicuramente non cacciabile, che potrebbe tuttavia incontrare nel prelievo di altre specie una insidia per il suo habitat e per la sua catena alimentare), recentemente questo tar (sentenza 606/13) ha osservato in via generale quanto segue, dopo aver premesso la conferma del pacifico principio giurisprudenziale che vede la Regione tenuta a fornire congrua motivazione, laddove intenda discostarsi dal parere dell’ISPRA.

“Ulteriore questione (si afferma testualmente nella citata decisione) riguarda il caso in cui nella Regione di riferimento non operi in modo adeguato il prescritto monitoraggio scientifico della fauna, in base al quale le autorità venatorie sono chiamate a prendere decisioni sui periodi di caccia. In difetto di tale monitoraggio, occorre chiedersi se la programmazione della caccia debba essere o meno radicalmente inibita, in attesa che le amministrazioni provvedano ad acquisire i necessari flussi informativi (in senso affermativo spingono le ricorrenti). Quanto alla effettiva sussistenza di un deficit di programmazione e di gestione dei dati sulla fauna cacciabile, le associazioni de quibus si sono diffuse sia nel ricorso introduttivo che nei motivi aggiunti, sostenendo che in Abruzzo mancherebbe quella rete differenziata di piani e programmi per la gestione faunistico-venatoria ed ambientale sul territorio, pure ampiamente prevista dalle normative di settore europee, nazionali e regionali (in primis: direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici e la connessa “guida alla disciplina di caccia” della commissione europea, ove si argomenta della necessità di “efficaci sistemi di monitoraggio basati su dati scientifici in modo da assicurare che qualsiasi utilizzazione sia mantenuta a livelli sostenibili per le popolazioni selvatiche”, art. 1 legge 157/92; artt. 13 e 26 LR 10/04, secondo cui le province sono chiamate a trasmettere alla Giunta regionale “improrogabilmente entro il 15 aprile di ogni anno”, una relazione illustrativa sullo status delle popolazioni di animali selvatici omeotermi comprendente dati sugli abbattimenti e sulle catture nella stagione venatoria appena conclusa, corredata dalla consistenza numerica dei cacciatori residenti). Le associazioni ricorrenti hanno riportato in proposito alcune dichiarazioni rilasciate alla stampa dall’assessore regionale alla caccia, dalle quali si troverebbe conferma che i dati scientifici mancherebbero dal 2004, ed a tale inconveniente la Regione starebbe ponendo (tardivo) rimedio con la predisposizione in itinere del nuovo piano faunistico regionale. Da qui si sostiene che la PA intimata–per di più con un piano faunistico venatorio regionale in prorogatio dal 2004 (recte, dal 2007,in tal senso, cfr. delibera di consiglio regionale n. 78/2011)- non avrebbe potuto svolgere alcuna azione amministrativa di programmazione dell’attività venatoria, atteso che il monitoraggio delle specie costituirebbe l’inderogabile presupposto per l’applicazione dei poteri di deroga alle prescrizioni nazionali, stabilite dagli artt. 18 e 19 bis della legge 157/92 (…). Da ciò tuttavia non può conseguire una inibizione tout court dell’intera attività venatoria sul territorio regionale (…). Può peraltro ben affermarsi che la carenza del monitoraggio aggiornato sulle specie cacciabili rappresenta un elemento che necessariamente affievolisce le potestà regolatorie ed autorizzatorie nella soggetta materia, potestà che –almeno per le parti rilievo nella presente vertenza- rimangono limitate ad una prudente (e restrittiva) predisposizione dello schema di calendario da sottoporre al vaglio dell’Ispra, con il quale dovrebbe essere peraltro perfezionata una fruttuosa interlocuzione previa; quanto sopra, con l’intesa che il programma venatorio potrà interessare le sole parti che detto Istituto –sulla base di propri studi scientifici sul territorio- ritiene compatibili con la buona salute delle specie interessate. Si vuole cioè affermare che quell’Organo di consulenza scientifica –attraverso i dati di sua diretta disponibilità- è in grado, almeno in parte, di supplire al difettoso monitoraggio operato dalle amministrazioni del territorio, così che queste ultime possono ragionevolmente recepire le indicazioni di caccia rese nei pareri dell’Ispra, beninteso per le sole componenti prescrittive basate su studi scientifici già acquisiti, e sempre che la consulenza non subordini il parere positivo di cacciabilità ad ulteriori verifiche delle amministrazioni destinatarie (verifiche che non potrebbero essere improvvisate per l’occasione od affidate in extremis ad organi locali, in mancanza di una generale banca dati maturata e coordinata per tempo). Resta poi inteso che –pur nel delineato e più generale deficit informativo- le disposizioni regolatorie regionali possono basarsi su dati aliunde acquisiti da altri Organismi scientifici accreditati, dati comunque da riferire e da analizzare nello specifico contesto territoriale di intervento, e sempre in stretto coordinamento con l’Ispra. E’ poi appena il caso di precisare che la suesposta programmazione (straordinaria) di caccia determina un impedimento alla Regione di esprimere un legittimo dissenso sul parere reso dal predetto Istituto scientifico, dissenso invece –come sopra visto-altrimenti delineabile attraverso congrua motivazione, ma solo nei casi di rituale disponibilità, da parte della PA procedente, della presupposta ricognizione delle popolazioni faunistiche, proprio perché nessuna argomentazione tecnico-scientifica la Regione sarebbe in grado di opporre in modo attendibile, senza il necessario monitoraggio delle specie, formalizzato secondo le modalità di legge”.

Premesso quanto sopra, nell’adattare le suesposte considerazioni alla presente vertenza sul calendario 2012-2013, deve prendersi atto di contributi difensivi dei patroni resistenti che hanno comunque evidenziato in questo giudizio la presenza di un’attività istruttoria di tipo scientifico e di tipo statistico (es. dati di carniere, seppure spesso molto limitati ed imprecisi) della PA procedente, anche sulla base di cognizioni sulla popolazione faunistica aliunde acquisite, pur se ancora in assenza della necessaria banca dati voluta dalle citate legislazioni di settore (banca dati a sua volta propedeutica ad un aggiornato piano venatorio regionale ancora in itinere).

Ciò comporta che –ferma restando la possibilità di adottare prescrizioni di caccia conformi alle documentate indicazioni dell’ISPRA- non resta in via generale sempre inibito un favorevole scrutinio giurisdizionale per quelle prescrizioni che, con adeguata motivazione, intendono (non già disattendere il parere ISPRA, bensì) regolamentare fattispecie non direttamente istruite dallo stesso Istituto, con apposite statistiche sul territorio abruzzese.

Sulla base delle richiamate premesse può passarsi all’esame dei singoli profili censori sul gravato calendario.

Sulla preapertura al primo settembre per le 4 specie (tortora, merlo, cornacchia grigia e gazza).

Si palesano fondate le doglianze che evidenziano l’illegittimità di tale preapertura, per la mancanza di “adeguati piani faunistici-venatori”, ai quali l’art. 18 della legge 157/92 subordina eventuali anticipi della stagione rispetto alle ordinarie tempistiche ivi stabilite. Come sopra argomentato, manca in radice un aggiornato piano faunistico regionale di coordinamento (“che nel mese di ottobre 2007 avrebbe cessato il periodo di validità assegnatogli dalla legge regionale”, sic, delibera consiliare 78/2011 in atti), mentre tre fra i quattro piani venatori provinciali risultano approvati da oltre cinque anni (fa eccezione il piano venatorio teramano); né tale pre-apertura risulta specificamente motivata da cognizioni scientifiche acquisite ad hoc, senza che una iniziativa così delicata per gli equilibri e per il riposo delle specie coinvolte possa essere eventualmente intrapresa solo sulla base di alcuni dati relativi agli abbattimenti (come invece delineato dal patrono della Regione alla pag. 10 della sua memoria del 19.9.12). Né è stato evidenziato in causa alcun favorevole parere rilasciato in proposito dall’ISPRA.

Non può invece convenirsi con le ricorrenti che l’anticipo di caccia avrebbe determinato il palese superamento del periodo massimo consentito di caccia per il Merlo e la Tortora (periodo pari a tre mesi e mezzo ai sensi dell’art. 18 legge 157/92, che secondo le censure attoree risulterebbe eccedente, a causa della disposta chiusura della stagione per tali specie al 31 dicembre, anziché al 15 dicembre). In realtà la preapertura consta di 2 giorni, pertanto il periodo intercorrente fra il primo giorno successivo alla preapertura ed il primo giorno di rituale apertura non può essere conteggiato (sul punto è pertanto da condividersi quanto affermato dalla Regione nella sua citata memoria 19.9.12).

 

Specie in declino:

SPEC acquatiche incluse nel calendario (Frullino, Codone, Mestolone, Canapiglia e Combattente).

Le censure sono fondate, per le ragioni già diffusamente esposte nella sentenza di questo Tar n. 440/12 alle quali si rinvia sul punto, senza che per superare il giudizio di illegittimità possa risultare sufficiente l’inserimento -nella relazione tecnica del calendario 2012/2013- del mero dato di carniere 2011/2012 reso in modo peraltro del tutto parziale su due soli ATC.

Specie in declino

Specie SPEC terrestri incluse nel calendario (Quaglia, Beccaccia, Tortora, Allodola).

Ritiene il collegio che il quadro motivazionale sull’assenza del trend negativo delle specie in questione non possa superare lo scrutinio di legittimità, pur dovendosi dare atto di un monitoraggio presupposto –ancora insufficiente- che quantomeno manifesta significativi segni di discontinuità rispetto a precedenti calendari.

Il dato di carniere non può essere il solo fattore sul quale basare l’ “an” ed il “quantum” della cacciabilità (soprattutto) delle specie in declino, ed in questo senso può condividersi la dettagliata analisi svolta dalle associazioni ricorrenti, di cui non convincono invece le concludenze inibitorie più estreme, atteso che la stessa Ispra non risulta abbia ritenuto tali specie in condizioni di assoluta ed obiettiva non cacciabilità.

Si vuole pertanto affermare che, in presenza di alcune accortezze mirate a scongiurare gli effetti distorsivi evidenziati dalle stesse ricorrenti, tali dati di carniere potranno concorrere a giustificare un proporzionato prelievo (anche) di dette specie. In primo luogo, occorre un incremento dei dati statistici di riferimento, non potendo restare sufficienti –come avvenuto per tre province nel calendario in esame- i dati degli abbattimenti dell’ultima stagione venatoria (i quali in sé considerati impediscono il necessario confronto con pregressi periodi).

In secondo luogo –per dare significato utile al mantenimento negli anni dello stesso numero di esemplari prelevati- occorre non incrementare lo sforzo di caccia, per evitare che tale incrementi rappresentino il rimedio per far fronte ad un declino effettivo della popolazione presente.

In assenza poi del piano di prelievo ad hoc per le specie SPEC, ed a fortiori in carenza di un aggiornato piano faunistico-venatorio regionale, devono essere comunque recepite in via di precauzione le indicazioni dell’Ispra, secondo i criteri ripetutamente affermati da questo tar, senza possibilità di disattendere queste ultime, eccetto solo per eventuali casi caratterizzati da eclatanza motivazionale, idonea a dare palmare contezza delle (buone) ragioni del dissenso. Nel delineato contesto appaiono inficiate in radice da insanabile illegittimità le previsioni sulle SPEC non acquatiche ove la Regione non ha inteso conformarsi al parere Ispra, in particolare allegando –a sostegno di chiusure posticipate (es. per la beccaccia il 20 gennaio anziché il 31 dicembre)- motivi riconducibili alla cd. decade di sovrapposizione (per non rientrare cioè nella decade di migrazione vietata dalla Commissione europea), come se detta minima ed imprescindibile attenzione costituisse misura sufficiente per aumentare la pressione venatoria su specie in declino, nonostante una contraria indicazione Ispra.

Va peraltro rilevato che per quanto riguarda la beccaccia l’interesse alla censura sulla disposizione impugnata deve intendersi venuto meno, in quanto la Regione ha inteso conformarsi in corso di causa -ed in tempo utile- al parere dell’ ISPRA, dal quale si era invece discostata in relazione alla data di chiusura della caccia, fissata al 20 gennaio 2013 anziché al 31 dicembre 2012.

Infatti con la sopravvenuta DRG n. 671 del 15.10.12 (citata in narrativa), si è tra l’altro provveduto a modificare il predetto termine nei sensi indicati dal predetto Istituto scientifico, attraverso un modus operandi, qui non limitato ad una mera manovra conformativa alla misura cautelare. Va anzi detto che proprio l’ISPRA –interpellata in merito a tali modifiche- ha espresso condivisione piena con nota del 12.10.12 (atti depositati dall’Avvocatura erariale in altro contenzioso –RG 589/12- anch’esso relativo al calendario venatorio 2012/2013).

In buona sostanza, appare al collegio che la nuova disposizione di caccia in questione –al contrario delle altre deliberate in quella sede- scaturisca da un ripensamento sostanziale sul punto, vista anche l’accurata ed autonoma istruttoria condotta sul punto, comprensiva di un apposito e dedicato parere ISPRA.

Specie acquatiche non SPEC (Germano reale, Alzavola, Fischione, Folaga, Gallinella d’acqua);

In relazione alle specie acquatiche sopra evidenziate, è fondata la censura con cui le associazioni ricorrenti lamentano che la Regione Abruzzo ha ampliato i periodi di caccia in difformità dal parere ISPRA (chiusura al 31 gennaio anziché al 20 gennaio).

In proposito si richiamano le considerazioni del collegio sull’impossibilità della Regione di discostarsi delle indicazioni del predetto Istituto, in assenza di una propria idonea banca dati (collegata ad un aggiornato piano faunistico venatorio regionale), in grado di dare attendibile supporto scientifico ai motivi del dissenso.

Si fa rinvio altresì a quanto già detto:

- a proposito dei dati di carniere e dei limiti del loro utilizzo soprattutto quando acquisiti in modo episodico per il solo anno 2011/2012 (come emerge dalla relazione tecnica allegata);

-alla inconsistenza motivazionale basata sull’utilizzo della c.d. decade di sovrapposizione.

Circa la contestata inerzia della Regione rispetto a quanto segnalato dall’Ispra con nota 31463 del 27.8.2012 sulla crisi ambientale determinata dalla siccità (con particolare, ma non esclusivo riguardo alla salute di tali specie), trattasi di doglianza non valorizzabile nella presente sede impugnatoria, avendosi riguardo ad una corrispondenza intervenuta dopo l’adozione del gravato calendario (ex delibera di giunta del 30.7.12), in vista di possibili modifiche di quest’ultimo (con una contestata inerzia regionale nella gestione del calendario stesso, inerzia che, in quanto tale, non corrisponde alla causa petendi del gravame, e che non risulta neanche previamente contestata mediante diffide procedimentali ad adempiere, in disparte la specialità dell’azione sul silenzio ex artt. 31 e 117 CPA). Da ciò scaturisce l’inammissibilità del predetto motivo.

Specie terrestri non SPEC (Torbo bottaccio, Tordo sassello, Cesena, Colombaccio);

Anche per dette specie la Regione Abruzzo ha previsto periodi difformi rispetto a quanto indicato dall’ISPRA, deliberando la chiusura della caccia per il torbo bottaccio, il tordo sassello e la cesena al 20 gennaio anziché al 10 gennaio, mentre per il colombaccio è stata disposta l’apertura in forma vagante fino al 31 gennaio, in luogo dell’indicazione dell’Ispra al 20 gennaio.

La censura delle ricorrenti associazioni, mirata ad evidenziare il difetto di motivazione in cui sarebbe incorsa la Regione nel disattendere il parere dell’Istituto, coglie nel segno in virtù delle esposte considerazioni sulla insufficienza dei dati di carniere (peraltro, nel caso in questione, particolarmente generici ed equivoci), nonché sull’inconferenza motivazione della cd. decade di sovrapposizione.

Tutela della Tottavilla;

Le associazioni ricorrenti si soffermano sulla mancata adozione -da parte della PA intimata- di misure mirate ad evitare confusioni tra specie cacciabili e specie protette, con particolare riguardo al fatto di aver consentito il prelievo dell’allodola, senza valutare la possibile confusione con un altro alaudide protetto a livello comunitario (per l’appunto, la Tottavilla).

Nel caso in questione non viene tuttavia evidenziata alcuna divergenza della Regione rispetto al parere Ispra, il quale ha richiamato il principio di confusione solo in relazione alle specie moretta e moretta tabaccata, sulle quali la Regione stessa (per diretta ammissione delle ricorrenti) ha provveduto in conformità.

La censura va pertanto disattesa.

 

Divieto di trasporto con mezzi motorizzati di armi ed ausiliari all’interno dei distretti di gestione della Coturnice;

La doglianza prende le mosse dal parere Ispra, ove si ritiene “azione prioritaria e non rinunciabile” l’introduzione del divieto di trasporto con mezzi motorizzati di armi ed ausiliari (id est, cani) all’interno dei distretti di gestione della Coturnice, al fine di garantire una minore pressione venatoria sulla specie, facilitando un maggiore controllo del bracconaggio.

E’ qui in discussione non già l’introduzione del divieto (effettivamente deliberato dalla Regione nei confronti di tutti i cacciatori che frequentano quelle aree), bensì la modalità del controllo ed il tipo di sanzioni in caso di violazione del divieto stesso. Più in particolare, le ricorrenti sostengono che la Regione avrebbe eluso l’indicazione dell’Ispra, per aver demandato gli accertamenti alla provincia dell’Aquila (l’unica “territorialmente interessata dalla presenza della problematica”), senza indicare i provvedimenti conseguenti alla violazione; in particolare, secondo le ricorrenti, si sarebbe dovuto deliberare una clausola di salvaguardia mediante cui punire il trasgressore vietandogli la caccia, nei distretti della coturnice, anche alle altre specie.

Va sul punto puntualizzato che se è vero che il calendario venatorio (regionale) deve essere adottato dalla Regione senza possibilità di delegare alle Province attività regolatorie in bianco (eccetto competenze meramente integrative; sul punto, funditus, cfr. sentenza questo tar n. 606/13), è tuttavia altrettanto vero che nel caso ora in vertenza non è stata delegato alcun contenuto prescrittivo del calendario, trattandosi di un mero rinvio all’attività di vigilanza sulle attività di caccia, con specifico riguardo alla gestione delle strade ricadenti nei distretti di presenza della coturnice. Né questo Tar può sostituirsi alle PA di regolazione, introducendo le misure sanzionatorie auspicate dalle ricorrenti, in assenza peraltro di conformi indicazioni dell’ISPRA di cui lamentare la mancata conformazione.

Anche detta doglianza va pertanto disattesa.

 

Munizioni atossiche per la caccia agli ungulati;

Secondo le ricorrenti, la Regione avrebbe immotivatamente disatteso l’indicazione dell’Ispra in merito all’utilizzo di munizioni atossiche per la caccia agli ungulati, visto che il piombo presente nelle munizioni ordinarie determinerebbe seri effetti negativi sulla conservazione delle popolazioni rapaci necrofagi, che ingeriscono le carni degli animali feriti e non recuperati, senza considerare i negativi effetti anche sulla salute umana in relazione al fatto che i frammenti di piombo –di dimensioni estremamente ridotte- non potrebbero essere eliminati durante la macellazione ed il confezionamento delle carni.

La doglianza è all’evidenza fondata.

Gli Uffici regionali, per conformarsi alla pronuncia del tar n. 440/12 che aveva ravvisato l’illegittimità su tale specifico punto del calendario 2011/2012, avevano in effetti predisposto per la Giunta Regionale una bozza di Calendario 2012/2013 con precise misure di divieto di munizionamento di piombo nelle aree più delicate, per la presenza delle specie necrofaghe come Nibbio Reale e Grifone.

Ebbene, come correttamente lamentato nel gravame, senza alcuna motivazione la Giunta regionale ha cancellato tale previsione, con correzione apportata a penna e richiamo, sempre a penna, nella delibera impugnata.

Ora, appare chiaro come un simile modus procedendi non possa comunque superare alcun scrutinio di legittimità, visto che qui non rileva solo la immotivata disattenzione dal parere Ispra. Infatti, in presenza di un decisum del Tar che aveva già censurato sul punto il precedente calendario, la Giunta regionale ha ritenuto –in contrasto con ogni regola di buon andamento, di trasparenza e di motivazione- di relegare in sordina l’attività conformativa predisposta dagli uffici di giunta, mediante una cancellazione a penna su cui pare inutile insistere nei commenti; quanto sopra, peraltro, contravvenendo con una simile superficialità ad un profilo prescrittivo altamente delicato, che involge la (mancata) tutela della salute pubblica prima ancora delle specie protette.

Si ribadisce pertanto il fondamento della esposta censura.

Con la citata delibera n. 671/12, la Regione è peraltro tornata sull’argomento, deliberando una modifica significativa in tal senso, dando cioè corso “ad un’istanza di sensibilizzazione ed orientamento del mondo venatorio vietando l’uso delle munizioni contenenti piombo secondo quanto già stabilito nella proposta di calendario venatorio in parte qua non recepita nella DGR 492/2012 e che corrisponde (ad) un ampio recepimento dei suggerimenti ISPRA, secondo la possibile attuazione concreta dei medesimi”. Trattasi di un intervento che appare tuttavia limitato alla mera conformazione al decisum cautelare del Tar, senza assumere sostanziali ed autonomi contenuti di ripensamento in autotutela, visto che l’opinamento della Regione sulla soggetta materia (espresso sempre nella delibera in questione) è quello di ritenere le indicazioni ISPRA nella soggetta materia come meri “spunti di tutela dell’ecosistema” rimessi al legislatore statale, privi di pertinenza con le attribuzioni istituzionali di quell’Organo consultivo. Per quanto possa rilevare sulla delimitazione del presente scrutinio giudiziale demandato al collegio, va comunque precisato che le dette considerazioni –pur spiegando ex post l’immotivato portamento deliberativo della Giunta (che ha a suo tempo tout court disatteso le contrarie proposte formulate dai suoi Uffici)- non possono essere in alcun modo condivise, poiché torna a ripetersi che gli effetti tossici delle munizioni hanno un diretto riverbero (oltre che sulla salute umana) sulla salute delle specie predatorie, così che l’intervento dell’ISPRA appare del tutto conforme alle finalità perseguite dal predetto Istituto, senza oltre considerare che –a tutto voler concedere- l’importanza della posta in gioco dovrebbe ragionevolmente determinare l’adozione in materia delle più rigorose misure precauzionali, a prescindere dal fatto se i rapporti ISPRA sull’argomento costituiscano o meno meri “spunti di tutela dell’ecosistema”.

-Sulla dedotta violazione dell’art. 5 DPR 357/97 per mancata sottoposizione del calendario alla Valutazione di Incidenza Ambientale;

 

La Regione ha ritenuto di esonerare il calendario 2012-2013 dalla Valutazione di Incidenza Ambientale per i siti SIC e ZPS della Rete Natura2000, considerando nella delibera impugnata che “devono essere sottoposti a valutazione (…) i piani faunistici e non il calendario venatorio”, e ciò in relazione al disposto del secondo comma dell’art. 5 del DPR 357/97, secondo cui a tale procedura devono essere sottoposti i “piani territoriali urbanistici e di settore, ivi compresi i piani agricoli e faunistici venatori e le loro varianti”.

Secondo le ricorrenti, le disposizioni del DPR 357/97 dovrebbero applicarsi anche ai calendari venatori, e ciò in virtù del successivo comma 3 del medesimo articolo ove si precisa che detta procedura riguarda anche quegli “interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat”.

Ritiene il collegio che la censura debba ritenersi fondata, atteso che nel caso in vertenza il calendario è stato adottato in assenza di un aggiornato piano faunistico-venatorio regionale. Può pertanto qui agevolmente prescindersi dal complesso dibattito giuridico relativo alla necessità o meno –in sede di calendarizzazione della caccia- di duplicare la VIA già effettuata a monte nel piano regionale, la cui latitanza nel caso di specie esclude ovviamente duplicazioni di sorta. In un simile contesto –acuito dalla mancanza di una banca dati scientifica di autonoma e diretta disponibilità della Regione- resta evidente come il calendario finisca per assumere quella valenza di intervento sensibile e significativo tale da imporre lo svolgimento della procedura di valutazione prevista dal DPR 357/97, tenendo peraltro conto che si sta argomentando di siti di protezione regionale di importanza europea.

Resta peraltro inteso che fondatezza di tale censura assume conseguenze invalidanti a cascata, visto che tutte le disposizioni del calendario che afferiscono alle aree protette illegittimamente sottratte alla procedura di VIA finiscono per risentire di un vizio derivato di fondo, connesso appunto a tale lacuna istruttoria in grado di aver alterato concludenze regolatorie che –sulla scorta della valutazione omessa- avrebbero potuto essere diverse; questo comporta, sotto l’aspetto processuale, l’accoglimento per invalidità derivata di tutte le censure avverso le disposizioni di caccia sui siti della rete natura2000 (quelli cioè che avrebbero dovuto essere sottoposti alla valutazione di incidenza). Quanto sopra tuttavia non elide –almeno negli opportuni casi- il sindacato giudiziario di dettaglio che il collegio intende comunque mantenere, senza ricorrere ad assorbimenti di sorta (cfr. in particolare la doglianza che segue, che attiene alla protezione dell’orso marsicano), e ciò proprio per consentire che la presente pronuncia –che interviene ovviamente a stagione venatoria ormai conclusa- possa avere concrete utilità conformative in vista dei futuri calendari;

-La tutela dell’Orso bruno marsicano;

lamentano le ricorrenti che la Regione Abruzzo avrebbe attuato una insufficiente protezione dell’orso marsicano, senza considerare l’intero areale di distribuzione della specie così come localizzato nell’accordo PATOM (che comprende vaste aree degli Ernici e dei Simbruini, la valle del Sagittario, alcune aree dei versanti della valle Peligna etc.). In particolare, pur dopo aver subìto l’annullamento giurisdizionale delle (insufficienti) misure del calendario scorso a tutela dell’Orso bruno marsicano (sent. di questo tar 440/12), l’assessorato regionale si sarebbe questa volta basato sul lavoro di un tavolo tecnico, limitando tuttavia l’attività di detto gruppo fino alla sola Zona di protezione esterna del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, senza comprendere l’intero areale di presenza, individuato nel predetto accordo PATOM. Si tratterebbe pertanto di scelta illogica ed irrazionale, priva di qualsiasi base scientifica, mirata a far diminuire i territori dove attuare le limitazioni necessarie all’attività venatoria.

Anche le misure intraprese nella Zona di Protezione Esterna (ZPE) vengono comunque contestate nel gravame, ove si censura l’artificiosa suddivisione di tale zona in due aree a protezione diversificata, la prima (C1) caratterizzata da misure più stringenti, e la seconda (C2) che consentirebbe in modo illegittimo una gestione di caccia semiliberalizzata, con grave nocumento per la sopravvivenza del plantigrado. Quanto sopra con specifico riguardo alla caccia al cinghiale, fonte di estremo disturbo per l’orso marsicano; in sintesi nella zona C1 è possibile solo la girata (caccia di appostamento) con divieto della braccata, mentre nella C2 è possibile la caccia in forma collettiva, con la sola limitazione del numero dei cani.

Ritiene il collegio che detta ultima censura afferisce a scelte affidate alla discrezionalità tecnica dell’amministrazione, e scaturite da un tavolo ristretto composto da Organismi pubblici specializzati, senza che in contrario rilevi ex se il solo dissenso manifestato dall’ente Parco. Nel delineato contesto, in mancanza di vizi logici di grossolana eclatanza (che qui non ricorrono, viste anche le introdotte limitazioni all’uso dei cani) dovrebbe essere affermata l’inammissibilità della censura stessa; si rammenta tuttavia quanto in precedenza affermato in ordine alle conseguenze invalidanti del mancato espletamento della VIA, conseguenze che si riverberano in via derivata anche sulla censura in questione (afferente per l’appunto a zone protette del Parco Nazionale).

Apprezzamenti diversi riguardano invece la doglianza sulla mancata considerazione dell’intero areale di presenza degli orsi.

La Regione sostiene di essersi basata su di una cartografia ad hoc, commissionata all’Istituto di Ecologia Applicata, dalle caratteristiche più aggiornate e specializzate rispetto a quella “ufficiale” allegata all’accordo PATOM (insistentemente invocata dalle ricorrenti, per evidenziarne le parti che il calendario impugnato avrebbe sottratto ad ogni tutela di settore).

Sempre secondo la Regione, la nuova cartografia acquisita sarebbe basata su dati di presenza più recenti (2005/2011), e sarebbe calibrata sui soli mesi di iperfagia dell’orso (settembre-novembre), vale a dire sulle presenze della specie nel periodo più delicato di protezione, di diretta interferenza con l’attività venatoria. In buona sostanza, si afferma che la differenza tra la cartografia pubblicata sul sito del Ministero dell’Ambiente e quella realizzata dallo IEA consiste quindi nel fatto che quest’ultima deriva da un modello “mirato” (e più aggiornato) di distribuzione dell’orso bruno marsicano nel periodo critico di iperfagia, mentre la cartografia del Ministero avrebbe analizzato i dati complessivi (e meno aggiornati) della presenza dell’orso, in tutto l’arco temporale di un anno solare.

Il ragionamento non convince però il collegio.

In primo luogo, ove la cartografia ufficialmente allegata all’accordo PATOM fosse da intendersi non più attuale in relazione ai dati di presenza in essa contenuti, si sarebbe dovuto promuovere un formale aggiornamento di quella cartografia e non già procedere aliunde a commissionare altri studi di presenza, ponendoli tout court a sostegno delle nuove misure intraprese, senza farli confluire in una rituale modifica della cartografia ufficiale. Peraltro, a tutto voler concedere, tale modus operandi avrebbe potuto ammettersi allorquando le nuove stime avessero evidenziato esigenze di rinforzo delle misure di protezione, rispetto a quelle delineabili dai dati ufficiali preesistenti, e ciò in ragionevole applicazione del principio di precauzione nelle more dei definitivi aggiornamenti della cartografia allegata all’accordo PATOM. Qui si è invece in presenza del caso inverso, in cui le nuove stime sono state invocate per esonerare da misure di salvaguardia interi areali, pure ritenuti sensibili dall’accordo stesso.

Stesso discorso vale ovviamente anche in relazione alla pretesa “specializzazione” della nuova cartografia IEA con presenze frazionate nei vari periodi dell’anno; ed invero, ammesso che tale cartografia abbia attendibilmente evidenziato una propensione dell’orso a stabilizzarsi nei territori de quibus in periodi diversi da quelli caratterizzati dalla iperfagia (dai patroni resistenti non è peraltro emersa alcuna approfondita analisi mirata, non solo a registrare, ma anche a “spiegare” da un punto vista logico tali comportamenti dell’orso), resta evidente come elementari esigenze precauzionali avrebbero dovuto imporre di assicurare comunque la protezione anche per quelle aree, senza confidare che la presenza dell’orso su tali zone (pur accertata complessivamente durante l’intero anno solare) venga scongiurata proprio nei periodi più critici per la sopravvivenza della specie.

Né è emerso agli atti alcun dibattito scientifico che abbia specificamente affrontato e risolto tali problematiche.

Da quanto sopra consegue quindi l’accoglimento della censura sulla mancata protezione dell’orso marsicano nell’intero areale di distribuzione individuato nell’accordo PATOM.

-Mancata istituzione di zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell’avifauna;

la censura può trovare accoglimento solo in relazione al fatto che l’avviso negativo della Regione (su specifiche misure da adottare in alcune zone protette, per evitare il disturbo venatorio sull’attività di alimentazione delle specie segnalate dalle ricorrenti), attiene a quegli ambiti territoriali illegittimamente sottratti alla Valutazione di incidenza, con conseguenti vizi derivati sulla determinazione della regione stessa.

-Ritardo del calendario rispetto al termine di legge;

Le ricorrenti deducono anche la violazione dell’art. 18 comma 4 della legge 157/1992, ove si dispone che le Regioni sono tenute a pubblicare il loro calendario venatorio “entro e non oltre il 15 giugno”, evidenziando che la delibera impugnata è stata invece pubblicata il 31 luglio , con un ritardo di un mese e mezzo rispetto alle tempistiche di legge.

Pur non potendosi affermare la natura propriamente perentoria di tale termine, resta evidente che un calendario pubblicato in ritardo (a fortiori se trattasi di notevole ritardo) ostacola uno studio preventivo per i soggetti pubblici e privati chiamati ad applicarlo o rispettarlo, aggravando altresì le eventuali impugnative delle parti interessate (in primis cacciatori e/o associazioni ambientaliste), costrette a richiedere interventi giudiziari d’urgenza su prescrizioni spesso caratterizzate da complessità tecnico-scientifica. Senza oltre considerare le conseguenze irreparabili, da canalizzare solo nella sede risarcitoria, che potrebbero determinarsi a seguito del fulminante impatto sull’ambiente di eventuali misure improvvide non inibite per tempo.

Nei suesposti sensi la censura trova pertanto condivisione.

 

-Periodo di addestramento dei cani da caccia;

l’impugnato calendario prevede l’apertura dell’addestramento dei cani al 1° agosto e la chiusura al 31 gennaio.

Deducono le ricorrenti che in tal modo sarebbe stato in primis violato l’art. 43 comma 9 della L.R. 19/2004, che fissa l’avvio dell’addestramento trenta giorni prima dell’apertura della caccia (termine non rispettato, dato che la stagione venatoria ha avuto inizio il 16 settembre, in disparte le due giornate di pre-apertura del 1 e 2, settembre che non costituirebbero propriamente l’inizio della stagione). Inoltre la norma stessa –pur non chiarissima sul punto- avrebbe delimitato il periodo massimo dell’addestramento a trenta giorni complessivi in luogo dei deliberati 180 giorni.

La censura è fondata, in relazione alla dirimente circostanza (anch’essa dedotta nel gravame) che tali scelte regolatorie hanno registrato il parere negativo dell’ISPRA, per ragioni connesse al disturbo arrecato dai cani alle specie con riproduzione tardiva, sollecitando così il diverso termine del 16 agosto che l’amministrazione regionale ha però tout court disatteso. Da ciò consegue l’ illegittimità della sua azione, atteso che il parere dell’Ispra non può essere disatteso se non in presenza di congrua motivazione, che peraltro la Regione non sarebbe stata comunque in grado di esternare, attesa la mancanza di una banca dati scientifica, in grado di contrastare gli avvisi di quell’Istituto scientifico.

-Sulla posticipata chiusura del prelievo venatorio al 10 febbraio 2013 demandata al vaglio delle Province;

Viene avversata dalle ricorrenti la previsione del calendario che conferisce alle province la facoltà di posticipare la chiusura della caccia al 10 febbraio 2013, sia pure previo parere vincolante dell’Ispra.

Si tratterebbe in particolare di una delega impropria non prevista dalla legge, in un contesto devolutivo carente di qualsiasi coordinamento preventivo e successivo di raccolta-dati fra Regione e Province, per di più in carenza del piano faunistico regionale.

La censura è fondata, perché si è rilevato più volte (sul punto, funditus sentenza di questo tar n. 606/13) che la legge affida alla Regione in via esclusiva la redazione del calendario (regionale) venatorio, senza alcuna facoltà di affidare importanti componenti regolatorie di primo livello alle Province, per di più in difetto di concreti criteri direttivi, ed a maggior ragione allorquando (come nel caso in vertenza) manchi il piano faunistico regionale, e con esso l’aggiornata provvista di informazioni scientifiche sulla fauna selvatica; la devoluzione alle province in queste condizioni finisce infatti –e non solo per le parti stricto sensu delegate- per formalizzare una sorta di abbandono di quella funzione di coordinamento interprovinciale, alla quale anche le decisioni in questione dovrebbero previamente assoggettarsi. Né in contrario potrebbe rilevare il fatto che le singole posticipazioni di chiusura sarebbero deliberate dalle Provincia solo previo avviso vincolante dell’Ispra, poiché quest’ultimo rappresenta pur sempre un Organo consultivo al servizio dell’amministrazione competente a provvedere ed a delimitare i contenuti stessi dell’ipotesi deliberativa da sottoporre a parere.

In conclusione, il ricorso trova accoglimento nei sensi e nei limiti sopra specificati.

Sussistono ragioni per compensare le spese di lite.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo (Sezione Prima) accoglie il ricorso in epigrafe, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:

Saverio Corasaniti, Presidente
Paolo Passoni, Consigliere, Estensore
Maria Abbruzzese, Consigliere

 

L'ESTENSORE
 
IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/07/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

10 commenti:

  1. EGREBIO PRESIDENTE PESSOLANO,
    IL SUO TITOLO DI INTRODIZIONE ALLA SENTENZA, A ME PERSONALMENTE NON PIACE AFFATTO, SE LE DEVO DIRE LA VERITA' MI HA ANCHE IRRITATO, PERCHE MIRA A SCANSARE RESPONSABILITA' CHE ANCHE LEI E LA SUA ASSOCIAZIONE HANNO IN PROPORZIONE ALLA SUA FORZA ASSOCIATIVA(è sempre colpa degli altri....).
    QUESTA SENTENZA E' UNA SONORA LEZIONE PER I POLITICI MA PER TUTTO IL NOSTRO MONDO CHE NON HA SAPUTO FARE QUELLO CHE ERA DEPUTATO A FARE....... ADAGIANDOSI SU POSIZIONI DI COMODO E NON FACENDO AFFATTO, OGNIUNO, IL PROPRIO DOVERE. LA REGIONE ABRUZZO, HA DELLE RESPONSABILITA' PRECISE EVIDENZIATE DALLA SENTENZA, COME LE HA IN PARTICOLAR MODO LA NOSTRA PROVINCIA E LE ALTRE PER IL MANCATO RINNOVO DA ANNI DEL PIANO FAUNISTICO E PER LE MANCATE DIRETTIVE DA INPORRE ALLE ATC, LE QUALE PIU' DI TUTTE SONO LE RESPONSABILI, PERCHE' PIU' VICINE AL TERRITORIO, DI UNA MANCATA PROGRAMMAZIONE DELLO STESSO E ULTIMAMENTE, COSA ANCOR PIU' GRAVE, STA CERCANDO DI SCARICARE SUI CACCIATORI FUNZIONI CHE LE COMPETONO DIRETTAMENTE......LIMITANDO LA SUA FUNZIONE A UNA PURA AZIONE DI MANTENIMENTO DELL'ESISTENTE ..... CHE COME STRUTTURE è VICINO ALLO ZERO.
    SONO RESPONSABILI IN u g u a l e MISURA LE ASSOCIAZIONI PERCHE' L O R O SONO LE ATC.
    DI QUESTE NELL'ATC VASTESE PIU' DI TUTTE LA FEDERCACCIA CHE PER I NUMERI CHE HA , HA LETTERALMENTE "ANNICHILITO" , A MIO MODESTISSIMO AVVISO,OGNI VELLEITA DELLE ALTRE CHE DISCOSTASSE DALLA PROPRIA "DIPENDENZA" POLITICA.
    SI è POTUTO GESTIRE DA PARTE VOSTRA(le associazioni) UNA MASSA ETEROGENEA "IMPREPARATA" PERCHE MALE O ADDIRITTURA PER NIENTE INFORMATA, CHE SPESSO "PENDEVANO DALLE VOSTRE LABBRA".... FINO A CHE LE "RISORSE" VE LO HANNO PERMESSO, MA OGGI LE RISORSE SONO FINITE...!!! PROPIO PER RESPONSABILITA' DIRETTA DELLE ASSOCIAZIONI CHE NELLE ATC VI SIETE FATTI CHIAMARE COMITATO DI GESTIONE! ...... BASTA ! ALMENO SI ABBIA IL DECORO DI DI ATTRIBUIRCI UN M I N I M O DI INTELLIGENZA....... !!

    pS: non importa se sceglierà di non pubblicare questo mio scritto a me interessa che Lei lo legga.

    Cordiali saluti da un cacciatore

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  2. Ci mancherebbe altro noi pubblichiamo tutto, non ci spaventano le critiche, anzi le leggiamo attentamente e le disaminiamo con grande attenzione , il suo in particolare, lei devo dire ha pienamente ragione in gran parte del suo commento come noi ne abbiamo altrettanto nel descrivere come altro grande insuccesso il lavoro della regione cinque anni e sette o otto ricorsi persi in tutte le sedi, non incolpiamo Febo di incapacità ma il suo entourage ancora oggi propone una bozza con gravi problemi che speriamo di risolvere tutti insieme, spero sia chiaro a tutti. Ormai che uscire da un calendario che applichi le linee guida ISPRaA ci porta ad altro ricorso che perderemmo di nuovo , io mio malgrado anche se l'anno scorso ho dovuto mangiammo le mani e scendere a compromessi per fare una proposta unitaria lo dissi e lo continuo a dire anche pggi che purtroppo oggi per come siamo messi in regione discostar i dalle linee guida dell'iispra ci porta solo guai, gli escamotage si pagano e si pagano salate purtroppo anche nostro malgrado in merito all'intelligenza dei cacciatori ne sono ben conscio e reputo che la usino in maniera tale da prendere le giuste e opportune decisioni...con il solito rispetto che lei merita come tutti i nostri lettori la saluto cordialmente A.P.

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  3. ....... SEMBRA CHE LEI SIA UN "PEZZ0 GROSSO" DELL'ATC VASTESE ...... E' PER QUESTO CHE EVITA ACCURATAMENTE DI PRONUNCIARSI IN MERITO ALLE RESPONSABILITA' ALTRETTANTO EVIDENTI DEL SUO C. DI G. CHE NEL TEMPO HA TRASCURATO SISTEMATICAMENTE LA PROGAMMAZIONE DEL TERRITORIO( scoprendo il fianco ai rilievi dell'ISPRA) E ADDIRITTURA QUEL POCO CHE STA FACENDO, SOLO SU RICHIESTA DEI CACCIATORI, CERCA DI SCARICARE TUTTO SU DI QUESTI L'ONERE DELLE PICCOLE REALIZZAZIONE !!?? A TAL PROPOSITO MI E' STATO RACCONTATO CHE SIETE LI' LI' PER CAMBIARE IL REGOLAMENTO PER FAR PAGARE AI CACCIATORI CHE NE FANNO RICHIESTA LE ATTREZZATURE RUBATE E/O DANNEGGIATE SUL TERRENO?! VI RENDETE CONTO CHE COSI' FACENDO DISINCENTIVATE OGNI INIZIATIVA PREPOSITIVA E.... MA COME DOVREBBERO FARE I CACCIATORI VEGLIARE NOTTE E GIORNO LE ATTREZZATURE PER NON RISCHIARE DI RIMETTERCI I SOLDI PERSONALMENTE??!! Saluti da
    un cacciatore distratto in ricerca della verita'

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  4. Intanto ti ringrazio per il pezzo grosso dell'ATC mansione che mi attribuisci..... Magari lo fossi veramente, vedresti quante cose farei cambiare, la verità ci dice che a comandare la dentro vi sia la FIDC alleata a in alcune situazioni con enalcaccia e italcaccia . In merito alle informazioni che le hanno dato le dico che le hanno riferito molto male , le. Eventuali modifiche al regolamento riguardano il sistema di raccolta di adesioni per proporre una ZRV da parte dei cacciatori, per ovvi motivi che abbiamo riscontrato in diverse proposte di ZRV,che si deve fare attentamente spiegare da chi le da tali inesatte informazioni, in merito alla responsabilità di alcuni personaggi che dovranno firmare la presa in custodia di alcuni beni dell'ambito le dico solo che è riferita solo alla gestione dei recinti elettrificati che costano all'ambito fior di quattrini, i quali vengono prestati per le sperimentazioni e all'ambito devono essere restituiti come sono stati consegnati, non si parla di danneggiamenti da parte di terzi o furti, ma purtroppo le rendo edotto che ad oggi alcuni recinti dati a cacciatori che hanno seguito delle sperimentazioni su ZRV sono stati lasciati all'abbandono sui terreni enon restituiti, essendo io iun membro del CDG insieme al sig. Campielli abbiamo richiesto la modifica al fine di tutelare i beni dell'ambito, la realizzazione inoltre di ZRV deve corrispondere ad un sistema di gestione consono al piano faunistico e deve essere effettuato in primis su territori idonei alla reintroduzione delle specie anche per questo è stato chiesto all'a,bito di dotarsi di un tecnico faunista che ne segua le realizzazioni e le scelte programmatiche di gestione. Scusi se è poco.
    P.s. Mi piacerebbe inoltre interloquire con persona che non si nasconda dietro la facciata di un' anonimo cacciatore ,comunque lei è libero di fare come meglio ritiene .Saluti A.P.

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  5. Vedo che Lei è molto abile a sfuggire, non è la prima volta, alle domande sulla gestione del territorio da parte dell'ATC, che come è evidente, è affidata a "domande" di gruppi di cacciatori e non a una vera pianificazione del territorio , mancante da sempre, da parte dell'O.di G. Mi spiace dirLe che sembra, che per Lei questo sia solo un dettaglio, mentre dalla Legge Regionale 2004, risulta alla base per un serio "ripristino di una presenza faunistica ottimale", penso che sia inutile citarLe l'articolo tanto lo conoscerà sicuramente...... A me risulta, sempre in modo indiretto, che è Lei che spesso appoggia la maggioranza Federcaccia, questo "VOCIARE" è reso "credibile" dalle mansioni ultime a Lei attribuite dal comitato, al punto di farLa risultare, agli occhi di tutti noi, "poveri mortali" il maggior protagonista.....(?!) ma non importa...Per quanto riguarda l'ANONIMATO è solo un... "dettaglio"...quello che conta saranno i CONCETTI e penso che Lei sia d'accordo con me..... Per quanto riguarda le attrezzature: ...Le faccio notare CHE DOVREBBE ESSERE L'AMBITO STESSO A CONDURRE LE REALIZZAZIONI E LE SPERIMENTAZIONI E NON TERZI, I CACCIATORI NON DEVONO ESSERE CARICATI DI RESPONSABILITA' CHE NON SONO DI LORO COMPETENZA E DEVONO ESSERE VISTI COME UN AIUTO E NON COME DEI RESPONSABILI perchè all'ambito spetta la gestione secondo la legge: CON I VOSTRI REGOLAMENTI STATE CERCANDO DI SCARICARE DALLE VOSTRE PERTINENZE ALCUNI CAPITOLI OPERATIVI LASCIANDO AI CACCIATORI IL "Lavoro sporco"......E FACENDO SEMBRARE TUTTO CIO QUASI CHE "CI STIATE FACENDO UN PIACERE....." o/e che stiate applicando "una sorta di democrazia partecipata"(!!) La legge è chiara: UN CONTO è L'O.di G. che delibera e opera . UN CONTO è il volontariato dei cacciatori che possono "operare" ma solo sotto la RESPONSABILITA', in TOTO, del C.di G. ..............i recinti come Lei dice NON " sono stati dati ai cacciatori" ma ALL'AMBITO STESSO che è il SOLO gestore autorizzato a "sperimentare". I cacciatori" NON possono diventare "GESTORI" solo quando ci conviene; ma devono rimanere solo dei volontari...... Questa à la mia modesta opinione e se vuole esserne certo basta interpellare un legale..... Per quanto RIGUARDA IL TECNICO FAUNISTICO: FORSE DOVEVATE ACQUISIRLO DA QUALCHE VENTENNIO FA.... Cordiali saluti da un cacciatore distratto

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  6. Mi spiace lei pensi che io oblia scappare dalle mie responsabilità .....non mi risulta ne fa parte del mio DNA , continuò a ringraziar la per quanto mi riconosce ....e non mi nascondo di certo se qualche volta appoggio la FIDC nelle giuste decisioni gestionali,anche se sono ben conscio che anche da soli possono fare passare qualunque norma o regola vista la stragrande maggioranza che ella ha nell'ambito. Ripeto che io è il ,embro della libera caccia Campitelli restiamo della nostra idea di responsabilizzare chi prende in carico i recinti elettrificati anche se solo in merito alla restituzione degli stessi e non per ciò che lei è il suo legale avete pensato, nessuno intende fare pagare i recinti che si rompono per cause ordinarie usura o ancor peggio per danneggiamento da parte di terzi o furto, penso che anche il suo legale possa condividere. In merito alla legge che parla di ciò è quali sono i compiti del comitato di gestione sia tranquillo che li conosco alla lettera e cerco di farli attuare ....in merito al tecnico io sono un membro da circa un anno di questo comitato e dal primo giorno ho chiesto di fornirci di un tecnico qualificato, in merito alle mie posizioni nell'ambito si tolga uno sfizio venga aleggerai i vari verbali e vedrà cosa e quali cose propongo forse così si farà una idea sua personale e non per intercorsa persona....con la solita stima A.P.

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  7. Mi spiace lei pensi che io oblia scappare dalle mie responsabilità .....non mi risulta ne fa parte del mio DNA , continuò a ringraziar la per quanto mi riconosce ....e non mi nascondo di certo se qualche volta appoggio la FIDC nelle giuste decisioni gestionali,anche se sono ben conscio che anche da soli possono fare passare qualunque norma o regola vista la stragrande maggioranza che ella ha nell'ambito. Ripeto che io è il ,embro della libera caccia Campitelli restiamo della nostra idea di responsabilizzare chi prende in carico i recinti elettrificati anche se solo in merito alla restituzione degli stessi e non per ciò che lei è il suo legale avete pensato, nessuno intende fare pagare i recinti che si rompono per cause ordinarie usura o ancor peggio per danneggiamento da parte di terzi o furto, penso che anche il suo legale possa condividere. In merito alla legge che parla di ciò è quali sono i compiti del comitato di gestione sia tranquillo che li conosco alla lettera e cerco di farli attuare ....in merito al tecnico io sono un membro da circa un anno di questo comitato e dal primo giorno ho chiesto di fornirci di un tecnico qualificato, in merito alle mie posizioni nell'ambito si tolga uno sfizio venga aleggerai i vari verbali e vedrà cosa e quali cose propongo forse così si farà una idea sua personale e non per intercorsa persona....con la solita stima A.P.

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  8. UN SOGGETTO PUO' ESSERE CARICATO DI UNA QUALSIASI RESPONSABILITA', SE DAL PUNTO DI VISTA LEGALE, HA TITOLO PER ASSUMERLA"....
    ----Per essere più chiaro una persona non può assumere oneri che per legge sono di altri.......:il gestore in questo caso è solo l'ATC, salvo che questa per contratto NON APPALTI LA GESTIONE A TERZI PER ISCRITTO.......
    PER IL RESTO.....LEI CONTINUA AD ESSERE EVASIVO E GENERICO...... A NOI CACCIATORI INVECE PIACEREBBE CHE QUELLI CHE SONO IN MINORANZA ALL'ATC VASTESE ..... VISTO L'ANDAZZO DELLE COSE, FACESSERO FRONTE COMUNE PER IL RISPETTO E L'APPLICAZIONE DELLE LEGGI VIGENTI

    saluti da un cacciatore distratto

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  9. la gestione rimane comunque e sempre in mano all'atc la metodica di applicazione fa parte dei compiti dell'ambito,indi se vi sono soggetti che autonomamente e su loro stessa pòroposta si propongono per gestire o aiutare il comitato agestire ben vengano, ma se gli viene dato del matteriale in varico e sua responsabilita' fare in modo che esso venga restituito alla parte che lo cede in prestito......poi lei la pensi come vuole le regole cosi' verranno modificate datosi che ad oggi alcuni recinti non sono stati restituiti e lasciati sui campi. altra cosa e se i cacciatori non vogliono farsi carico di partecipare agttivamenete alla sperimentazione nel qual caso ce ne interesseremo noli personalmente. in merito alla gestione dell'atc negli ultimi anni si è avuto un cambio di passo non indifferente e i risultati sono visibili sia sul terriotorio sIA SULLA PRESENZA DI FAUNA SELVATICA che a noi sembra sia aumentata consdiderevolmente, inoltre a sostegno di quanto dico vi sono i dati sugli abbattimentio a sua disposizione in ambito.....certo di meglio si puo' e si deve fare ma stiamo lavorando anche per questo che lei ne dica i dati da quattro anni a questa parte ci riconoscono il miglior trend immissioni abbattimenti della regione....poi in merito alle leggi noi tutti cerchiamo di applicarle nel miglior modo possibile e questo e un lavoro che facciamo tutti indistintamente.....sappia che criticare è la cosa piu' semplice che ci sia essere propositivi e collorativi questa e cosa che riesce a ben pochi. saluti A.P.ps non si distragga troppo e vada in ambito a vedere i dati quelli veri non quelli che le propinano-

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  10. MI SCUSI MA, per le attrezzature, PURTROPPO VEDO CHE LEI NON VUOL CAPIRE ...., E RITENGO INUTILE CONTINUARE .......certo sarebbe bello nella vita "aggiustarsi le regole " come meglio ci fà comodo...(.!!??) ma si ricordi che esiste una giurisprudenza ed è solo quella che conta poi in fase di un eventuale "giudizio....." e conflitto.....

    Per il resto dal mio punto di vista e da stanzialista da oltre quarant'anni, SMENTISCO categoricamente quello che Lei afferma tanto è vero che nelle varie sentenze il TAR e i pareri l'ISPRA insieme, fanno capo proprio a quei dati di cui Lei parla e hanno censurato certe cacce nei tempi, propio da quei dati sono giunti i problemi per la caccia...!!.... E DENUNCIANDO LA MANCANZA DI STRUTTURE IDONEE AD EFFETTUARE CENSIMENTI PER LA RACCOLTA DATI(zone chiuse) E NON A CASO SONO STATI RIDOTTI I TEMPI DI CACCIA AL FAGIANO, E l'ANNO SCORSO, LA NEGAZIONE DELLA CACCIA ALLA STARNA......
    ...Quegli "aumenti" di cui Lei parla, SE AUMENTI SONO .....!! ?? come Lei sa benissimo, "sono stati in molti casi suggeriti" ai cacciatori .....
    Mi spiace molto che uno che rappresenta la sua associazione abbia un simile atteggiamento, pensando che io sia al digiuno di certi discorsi che, ci fate a proposito della compilazione dei tesserini...., Lei parla: " in difesa del potere" .....Come Le ho detto Lei sta "svolgendo un ruolo" e.... NON il perseguimento della verità obbiettiva...... e questo non è bene a mio modo di pensare.......
    LE VOGLIO DIRE ANCORA UNA COSA ANCHE SE SO' SARA' INUTILE:
    HA FATTO MOLTO MEGLIO LA PROVINCIA QUANDO NON C'ERA IL CINGHIALE(come distrazione di massa...) CHE LE ATC CON il "MEZZO DI DISTRAZIONE DI MASSA" ......
    Allora La provincia aveva un compito arduo: CON TANTI CACCIATORI IN PIU' E MOLTISSIMI CINGHIALI IN MENO !! Se non capirà questa o NON vorra capire .....sarà la conferma ufficiale che Lei STA "SVOLGENDO UN RUOLO" che NON le permette di ...."PARLARE" in modo diverso!

    La saluto definitivo, un cacciatore che solo per modo di dire si definisce "DISTRATTO"!! .... e.... soffre per lo stato delle cose e .....,"distratto" lo vorrebbe diventare.... ANCHE PER IL SUO, uno dei tanti, attegiamenti...!!

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