COLLARI ELETTRICI: LECITI O ILLECITI? | |
Il susseguirsi di sentenze che definiscono processi aventi ad oggetto
l'utilizzo di collari ad impulso elettrostatico rende quanto mai attuale
la tematica sulla liceità di tali strumenti. Ci chiediamo pertanto se
l'impiego dei cosiddetti collari elettrici integri o meno la fattispecie
di cui agli articoli 544-ter e 727 del Codice penale, inerenti al
maltrattamento di animali.
Collari elettrici che, utilizzati da anni in Italia - come in molti altri Paesi - nell'attività di addestramento (nonché con finalità antiabbaio), vengono legalmente pubblicizzati e commercializzati. La contraddizione è oramai lampante: da un lato, un numero sempre più elevato di addestratori e cacciatori adopera tali collari nella continua incertezza della legittimità del proprio comportamento, rischiando quotidianamente di esser trascinati in tribunale a seguito di pesanti denunce; dall'altro, moltissime ditte produttrici di tali congegni continuano ad allocare con successo sul mercato i propri articoli, risultando vincenti di fronte ai giudici nella pressoché totalità dei casi in cui hanno fatto ricorso nei confronti di numerose ordinanze susseguitesi negli anni. Ordinanze che il Ministero della Salute ha emesso (si pensi alle o.m. 5 luglio 2005; o.m. 12 dicembre 2006; o.m. 14 gennaio 2008) allo scopo di vietare l'uso dei collari elettrici, dichiarandone la rilevanza penale ex articoli 544-ter e 727 del Codice penale. Il TAR del Lazio ha in seguito accolto le istanze presentate da ditte produttrici di suddetti strumenti, motivando sulla base del fatto che non è possibile identificare espressione di maltrattamento nella reazione alla scossa elettrica cui viene sottoposto il cane discente. La recente ordinanza ministeriale del 3 marzo 2009, pur non essendo al contrario stata annullata, in qualità di atto privo di forza di legge, non può stabilire cosa costituisca comportamento penalmente perseguibile; analogamente, le numerose pronunce della Corte di Cassazione, riguardanti singoli casi concreti, non hanno forza di legge, essendo quello italiano un ordinamento a base giurisprudenziale (qual è invece quello di Common law). Risulta perciò chiaro che la risoluzione del dubbio sulla liceità dell'uso del collare elettrico può trovare risposta nel solo testo della legge. Il ricorso alle fonti funge spesso da faro nella babilonia di plurime (e spesso discordanti) emanazioni sub-legislative. E dal momento che non esiste norma di legge che vieti espressamente la vendita di collari ad impulso elettrostatico, non si vede motivo per cui dovrebbe essere punito l'utilizzo di uno strumento,lecitamente commercializzato,di cui non può essere fatto altro uso se non quello per cui è stato costruito. Si tratta di una delle tante incoerenze legislative che affliggono il nostro ordinamento. Se aprissimo il Codice penale, all'articolo 544-ter, comma 1, leggeremmo che è punito con la reclusione da tre mesi a un anno oppure con la multa da 3000 a 15000 euro “chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche”, così come (comma 2) “chiunque sottoponga animali “a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi”. Similmente, l'articolo 727 punisce “chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze” (“con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da 1000 a 10000 euro”). Pare opportuno cercare di addivenire ad una soluzione facendo leva sulle medesime motivazioni che hanno spinto più volte la Cassazione, nonché numerosi tribunali (si veda a titolo di esempio la sentenza del Tribunale di Lucca n. 2431/09) ad assolvere dall'accusa di maltrattamento venditori di strumenti di correzione e,soprattutto, utilizzatori di questi ultimi. Con molta ragionevolezza è stato ribadito che l'unico elemento da valutare sia il comportamento posto in essere dal fruitore di suddetti collari e gli eventuali danni/sofferenze che eventualmente siano stati concretamente inflitti (e non solo presunti). Non è infatti assolutamente possibile provare che gli impulsi elettrostatici, se emessi con intensità rispettosa dei parametri e limiti previsti e consigliati dal produttore, possano cagionare danni o lesioni irreversibili nel cane, o addirittura avere effetti “devastanti” (come alcuni hanno sostenuto). Significative in tal senso le parole del Pubblico Ministero di Mantova, espresse nel gennaio 2007, secondo cui è “da escludere una generale illegittimità del collare dovendosi valutare soltanto caso per caso se l'uso dello stesso possa essere inappropriato o distorto e tale da essere effettivamente dannoso così come lo potrebbe essere l'uso inidoneo di qualsiasi altro strumento (collari a strozzo, con le punte, privazioni, uso di strumenti offensivi, ecc.)”. La presenza sempre più massiccia di ungulati sul territorio nazionale rende spesso necessario l'utilizzo di strumenti atti a correggere i nostri ausiliari (ad esclusione di quelli che,per loro intima natura, rifiutano altri animali); ciò è indispensabile ai fini di un impiego sereno e libero del segugio. Molti non considerano il fatto che un cane corretto, educato ed addestrato è un cane libero. Libero di essere sciolto ovunque,in zone caratterizzate da un'elevata varietà di selvatici, senza timore, per il conduttore, di inseguimenti non appropriati col rischio di lasciare per ore l'ausiliare in territori sconosciuti. Non si tralasci poi un aspetto di primaria rilevanza: la correzione del cane ha pure come risultato quello di renderlo più collegato al padrone ed ubbidiente, soprattutto nel caso di cani dotati di un temperamento particolarmente forte, potendo ciò ridurre le situazioni di pericolo che possono presentarsi in aree gremite di strade e veicoli. Concludendo, è possibile affermare che, se già la sola finalità di addestramento sarebbe idonea di per sé ad escludere che l'uso del collare avvenga “per crudeltà o senza necessità”(non potendosi perciò ravvisare reato), si aggiunga che uno scrupoloso utilizzo dello strumento di correzione, con intensità che tengano conto del tipo di cane e dell'avanzamento del suo apprendimento, non può che garantire un più efficace governo dell'animale. Numerose testimonianze di veterinari ed esperti affermano che un utilizzo conforme alle prescrizioni tecniche dei produttori dei collari “di nuova generazione” non comportano rischi per la salute del cane. Solo l'eventuale abuso può e deve essere punito. Le scelte legislative dovranno essere improntate ad una razionale e consapevole valutazione di tutti gli aspetti concernenti gli strumenti di addestramento,, con l'auspicio che esse non siano dettate esclusivamente dall'esigenza di placare i mass media e le voci di cittadini troppo spesso fondate su disinformazione ed ignoranza in materia scientifica. Dichiarare illegittime la vendita e l'uso di strumenti di correzione dovrebbe comportare, a rigor di logica, il divieto di utilizzo di analoghi mezzi usati, ad esempio, in ambito equestre (come il frustino). Ciò che ci auguriamo è una celere, chiara e definitiva risposta legislativa ad una questione avvolta dall'aria dell'indeterminatezza. Simona Pelliccia
Simona
Pelliccia, nata a Pietrasanta il 3 luglio del 1991, è cacciatrice,
cinofila e studentessa universitaria. Studia Giurisprudenza alla
Bocconi di Milano e spera un giorno di potersi dedicare totalmente alla
difesa legale della categoria dei cacciatori "sempre più oggetto di
sterili critiche fondate evidentemente sull'ignoranza, da parte della
politica e dell'opinione pubblica" dice.
La
passione per la caccia (che pratica prevalentemente alla lepre) le è
stata trasmessa dal padre, quella per i segugi è invece un'inclinazione
più personale (possiede una muta di 10 segugi italiani a pelo raso
nero). "Mi ritengo una segugista prima che cacciatrice" spiega alla
nostra redazione. "Credo che la caccia - sostiene poi Simona - sia il
risveglio di istinti ingiustamente sopiti fondamentali per l'equilibrio
umano ed ambientale,il giusto raccordo tra tradizione millenaria ed un
presente sempre più' instabile e svuotato della sua essenza ultima".
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Questo blog e per tutti quelli che vivono pienamente il profondo rapporto con la natura. Faremo di questo spazio un laboratorio d’idee, di scambio di esperienze, parleremo e mostreremo le nostre attività promuovendo il pensiero che andare a pesca e a caccia non significa solo catturare o uccidere le prede, ma che le persone che hanno la vera passione per questi sport lavorano e s’impegnano anche per salvaguardare equilibri e ambienti con cui amano essere a contatto. Angelo Pessolano
martedì 9 ottobre 2012
UN ARTICOLO DELLA CACCIATRICE SIMONA PELLICCIA CHE PUBBLICHIAMO CON GRANDE PIACERE
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