Cacciatori e naturalisti: binomio possibile. Ma in Italia?
Ancora
una notizia che ci viene dall’America, dove la collaborazione tra il
mondo della caccia ed il mondo dei naturalisti non è così conflittuale
come nel nostro Paese e dove, anzi, dalla stretta collaborazione tra le
due realtà ambientaliste (perché classificare i cacciatori tra i non
ambientalisti è semplicemente un non senso, visto che sempre di fauna e
di ambiente essi si interessano: ed i cacciatori non hanno certo
interesse a che l’ambiente venga devastato e la fauna falcidiata) si
ottengono successi che qui sarebbe lungo ricordare (si pensi solo ai
milioni di ettari di paludi preservate o ricreate grazie ai soldi dei
cacciatori e/o delle loro tasse; od ai boschi acquistati per la
costituzione di aree protette a difesa di specie rare).
Oggi da quel mondo ci giunge una nuova notizia. In Luisiana, con una
stretta collaborazione tra le associazioni dei cacciatori, i proprietari
terrieri e l’associazione AUDUBON (che in America è l’equivalente della
nostra LIPU) è stata costituita una vasta area tutelata lungo il corso
del Mississippi dove resiste ancora una piccola parte dei boschi
planiziali e paludosi che un tempo si estendevano su vaste estensioni e
che rappresentano un rifugio per numerosi animali (almeno due specie
rare di piccoli uccelli insettivori), tra i quali anche una residua
popolazione di orso nero.
Questo eden si chiama Catfish Point ed è un “hunting club”, cioè una
riserva di caccia gestita dai 76 membri e proprietari terrieri, che si
estende su 4.800 ettari. Dopo anni ed anni di sfruttamento, ovviamente
l’habitat non è più ricco ed in buono stato come un tempo, e quindi i
proprietari hanno chiamato a consulto una equipe di esperti forestali e
naturalisti al fine di provvedere a dei ripristini ambientali.
In pratica è stata creata un’alleanza (Mississippi River Alleance) tra
cacciatori e proprietari terrieri, forestali e naturalisti della Audubon
Society; alleanza che ora punta, per il 2014, ad ottenere una sana
gestione dell’ambiente su un territorio di almeno 20.000 ettari di
foreste private. “Vogliamo sviluppare una strategia che assicuri
l’habitat per molte specie sia in foreste mature così come in foreste
assoggettate ai tagli”. La risposta di tutti è stata entusiastica: “la
gente ha detto che sarebbe felice di rivedere una specie locale di
Albanella ritornare a volare sopra queste foreste” e di “poter far
vedere ai loro figli l’Eden che sarà ricostituito”.
In Italia, invece, si pensa ancora a fare referendum con l’obiettivo di
chiudere per sempre la caccia, col rischio di trasformare i cacciatori
da potenziali conservazionisti e battaglieri ambientalisti (come
l’America insegna) in bracconieri per reazione; così anziché risolvere i
problemi della fauna e del suo ambiente si godrà di vittorie di
principio che, se e quando ottenute, si riveleranno solo vittorie di
Pirro, perché finiranno per portare poi le autorità pubbliche a dover
aprire la caccia a furor di popolo (per i danni che molte specie
arrecheranno all’agricoltura, ad altre specie a rischio estinzione e/o a
tutto l’habitat), quello stesso popolo che oggi, almeno in Piemonte, si
sta cercando di spingere alle urne per interdire o rendere sempre più
difficile l’attività venatoria.
IL SEGRETARIO GENERALE AIW
F.to Franco Zunino
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