Allora.
Federcaccia (nazionale e Sez. Reg.le Abruzzo) propone ricorso giurisdizionale amministrativo avanti il Tar L'Aquila impugnando il Calendario Venatorio 2018-2019 (nonché tutti gli atti presupposti, fra cui la relazione, il giudizio Vinca ed il parere Ispra).
Deduce ben dieci motivi di ricorso:
1) La mancata apertura al prelievo venatorio delle specie canapiglia, codone, mestolone, moriglione, moretta, frullino e combattente (tutte specie normalmente molto ambite dal cacciatore medio abruzzese, con ricchi carnieri segnati sui bugiardini regionali);
2) L'illegittima sottoposizione a VIA - Valutazione d'impatto ambientale del CV (infatti il CV è stato solo sottoposto a VINCA - Valutazione d'incidenza ambientale: piccola svista, un nonnulla, un'inezia, una pinzellacchera);
3) Che forse il CV doveva essere più correttamente sottoposto a VAS - Valutazione ambientale strategica (la cui procedura è molto più complessa e rischiosa rispetto alla più semplice Vinca: una leggerezza ...);
4) Che la chiusura anticipata a diverse specie (quaglia, merlo, tortora, alzavola, fischione, folaga, gallinella d’acqua, germano reale, marzaiola, beccaccino, pavoncella, beccaccia, cesena, tordo bottaccio e tordo sassello) fosse illegittima, giacché tutti i dati scientifici avrebbero piena convergenza nel confermare la doverosa chiusura, come per legge, al 31 gennaio;
5) L'illegittimità della previsione di CV che, dal 1 gennaio fino al termine della stagione venatoria (20 gennaio), impone come la caccia, consentita esclusivamente da appostamento fisso o temporaneo, debba esercitarsi ad una distanza comunque superiore a 500 metri dalle zone umide frequentate da uccelli acquatici e dalle pareti rocciose potenzialmente idonee alla nidificazione di rapaci rupicoli.
6) L'illegittimità della previsione di CV recante il divieto dell’attività venatoria in corrispondenza delle foci dei fiumi, per una profondità di 500 metri dalla linea della costa e per una fascia pari a 100 metri a destra e a sinistra dell’asse fluviale.
7) L'illegittimità della previsione, nel mese di settembre e gennaio, per la caccia in appostamento, di consentire l’utilizzo del cane solo se tenuto legato e liberato successivamente all’abbattimento della preda.
8) Ut supra, ma con riferimento alla caccia al beccaccino.
9) Il mancato riconoscimento della c.d. "preapertura" (si legge nel ricorso: “diritto vivente” dei cacciatori o quantomeno per “storiche tradizioni”, ben ritenute culturali, consentita in tutte le Regioni italiane almeno in due giornate di caccia (la prima e la seconda domenica del mese di settembre) da appostamento fisso per le cd. specie migratorie “estatine” quali la tortora e il merlo ovvero per le specie una volta definite “nocive”, oggi invece “opportuniste”, ancorché sia acclarato che sono altamente dannose nei confronti delle altre specie e nei confronti dell’attività agricola: la ghiandaia, la gazza e la cornacchia grigia).
10) L'illegittima l’interdizione alla caccia alle specie gazza, colombaccio e cornacchia grigia nelle aree SIC in cui è stata accertata la presenza del Lanario e/o del Falco Pellegrino.
Sostiene, così, la necessità di una sospensiva in parte qua degli atti impugnati (c.d. "adozione di provvedimenti cautelari"), sostenendo che l'arco temporale stabilito dal legislatore nazionale corrisponda adeguatamente la tutela richiesta dal principio di precauzione e che il "periculum in mora" sia costituito (anche) dal fatto che "tutti i cacciatori che hanno corrisposto le relative tasse statali e regionali e che hanno sottoscritto l’obbligatoria polizza assicurativa pagando il relativo premio."
Ebbene.
La Regione cade sulla via di Damasco e consente, con apposita DGR, la caccia alle specie canapigia, codone, mestolone, frullino, moriglione. Il tutto accolto con festeggiamenti a casse di Don Perignon dal "cacciatore medio abruzzese". Aspettiamo, dunque, i ricchi carnieri che saranno vergati sui bugiardini regionali.
Per il resto, a fronte del roboante braccio di ferro intentato sui banchi della giustizia, scrive il Tar L'Aquila che, rinunciato, da parte della ricorrente, il primo motivo di ricorso per via dell'intervenuta delibera regionale, per tutti gli altri (nove)
non sussistono i presupposti per l’accoglimento della domanda cautelare, "atteso che, ad una valutazione comparativa, nel bilanciamento degli interessi contrapposti, in virtù del principio di precauzione, deve darsi prevalenza nella attuale fase alla tutela degli interessi ambientali e della vita della fauna protetta sia rispetto alla pretesa di esercitare la caccia, senza i limiti imposti dalla Regione, sia rispetto all’interesse dei cacciatori. Inoltre che alcun pregiudizio può dirsi consistente nell' "aver già corrisposto i relativi tributi (statali e regionali) e oneri assicurativi", "perché si tratta di somme che devono essere obbligatoriamente pagate da tutti coloro che hanno intenzione di esercitarne la pratica venatoria durante il calendario stabilito dalla Regione".
Dunque, premesso che forse avrebbe fatto meglio Federcaccia a far funzionare i "propri" Atc secondo gli obiettivi dell'art. 14 l. 157/1992, regolarmente inattuati, c'è da ricordare una cosa: qua non tutti siamo fessi! GN.
Questo blog e per tutti quelli che vivono pienamente il profondo rapporto con la natura. Faremo di questo spazio un laboratorio d’idee, di scambio di esperienze, parleremo e mostreremo le nostre attività promuovendo il pensiero che andare a pesca e a caccia non significa solo catturare o uccidere le prede, ma che le persone che hanno la vera passione per questi sport lavorano e s’impegnano anche per salvaguardare equilibri e ambienti con cui amano essere a contatto. Angelo Pessolano
venerdì 12 ottobre 2018
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