DIVERSA OPINIONE | |
Mi chiedo spesso se non sia ora e tempo che tra cacciatori e
protezionisti si passi dall’”uno contro l’altro armati” al dialogo. Mi
chiedo se i due mondi siano destinati ad essere impermeabili e se questo
non significhi appunto essere fuori dal tempo. Siamo nell’era della
comunicazione nella quale tutto può essere conosciuto magari, come si
suol dire, “on-line”. Non è possibile oggi vivere in
compartimenti-stagno. Significherebbe porsi fuori dal proprio tempo. E
questo non può avvenire senza responsabilità. Da docente nelle scuole di
formazione politica ho sempre sostenuto che la prima responsabilità è
quella di conoscere, di informarsi sulla realtà, ma anche sulle opinioni
diverse che corrono sulla realtà.
E l’esame di coscienza va fatto anzitutto in casa propria. Orbene,
compito delle associazioni dei cacciatori è la gestione della selvaggina
con regole scientificamente provate, che portano ad una selezione
intelligente, frutto di una conoscenza specifica. Considerare la
selvaggina come “res nullius” e quindi del primo occupante è mentalità
da trogloditi. Purtroppo ce ne sono ancora, ma il loro vero nome non è
cacciatori bensì bracconieri. C’è un aspetto ancora più civile: noi
cacciatori sappiamo di gestire la caccia in nome delle comunità
residenti sul territorio. Ma una volta fatto questo possiamo dirci
soddisfatti? Eh no! Nell’era della comunicazione c’è un compito
suppletivo. Dobbiamo gestire bene e poi farlo anche sapere. Anzitutto
alle comunità, ma anche a chi non condivide la visione positiva
dell’esercizio venatorio. Certo è necessario che anche chi è di opinioni
diverse ascolti, altrimenti si verifica il classico discorso tra sordi.
E il discorso tra sordi è tipico di chi erige le proprie opinioni ad
ideologia. Ora, è da tempo che abbiamo dichiarato il tramonto delle
ideologie. Possibile che esistano ancora tra cacciatori e protezionisti
anticaccia? È fuori dal tempo!
E qui voglio portare due casi, nei quali i cacciatori non c’entrano se
non in seconda battuta e nell’eventualità che possano concorrere a
risolvere i problemi. Il primo si è presentato qualche anno fa nel parco
dello Stelvio. I custodi hanno segnalato la presenza di un numero
eccessivo di capi di cervo. Prontamente protezionisti ideologici sono
intervenuti dicendo: “Non si toccano”. Al che il direttore del parco ha
risposto: “Io so che qui non ci possono stare perché il numero eccessivo
comporterebbe una degenerazione della specie. Sono qui e sono
centinaia. Venite a prenderveli e portateli dove volete”.
Il secondo caso riguarda la presenza dell’orso. Si sa che una volta,
molti anni fa, l’orso era presente nel Trentino. Lo documentano storie
che si narrano tra la gente e sono pure scritte in libri che narrano le
vicende rocambolesche di famiglie di cacciatori dediti alla caccia
dell’orso. Poi, anche a causa di questa caccia, ammettiamolo, la specie
si è estinta. Un’operazione, chiamata “Life Ursus”, ha reintrodotto il
plantigrado e ne ha curato, con mezzi di avvistamento e di monitoraggio
moderni, la presenza. Recentemente ha dato spettacolo di sé sulla strade
trafficate per la gioia di automobilisti e turisti che con i telefonini
di ultima generazione li hanno fotografati portandosi a casa le
splendide immagini. Ma l’orso ha anche sbranato animali domestici e si è
avventato pure su persone che l’hanno allontanato brandendo un bastone.
Ora si pone il problema di una sua crescita eccessiva. Pronta anche qui la reazione dei protezionisti ideologici: “Non si toccano”. Ma il problema bisognerà pure risolverlo.
Questo per dire che ci sono problemi oggettivi e non solo nei casi
citati, ma anche nella gestione normale della selvaggina. Problemi non
inventati dai cacciatori per poter comunque sparare, ma che riguardano
la salvaguardia stessa delle varie specie.
È questione di responsabilità. Ed è auspicabile il giorno in cui si
potrà parlare di corresponsabilità in dialogo tra cacciatori e
protezionisti.
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Questo blog e per tutti quelli che vivono pienamente il profondo rapporto con la natura. Faremo di questo spazio un laboratorio d’idee, di scambio di esperienze, parleremo e mostreremo le nostre attività promuovendo il pensiero che andare a pesca e a caccia non significa solo catturare o uccidere le prede, ma che le persone che hanno la vera passione per questi sport lavorano e s’impegnano anche per salvaguardare equilibri e ambienti con cui amano essere a contatto. Angelo Pessolano
lunedì 1 ottobre 2012
VA CERTAMENTE PUBBLICATA ANCHE QUESTA......
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