anche quest'anno la gestione faunistico-venatoria abruzzese si copre di ridicolo, con gravissime responsabilità di tutti coloro che se la stiracchiano a proprio favore a difesa di posizioni ideologiche, oppure di pretese di predazione ormai da considerarsi relitti medioevali o tipiche di una sottile illegalità.
L'Ente Produttori Selvaggina, mantenendo fede alla propria tradizione gestionale che l'ha vista nascere come ente pubblico periferico del Ministero dell'Agricoltura preposto alla gestione delle Riserve e Bandite di cui al r.d. 1016/1939, non ha affatto desiderato di partecipare alla "bozza congiunta" di calendario venatorio presentata dalle altre aa.vv. Ha ribadito piuttosto, l'ineluttabile esigenza di trasmodare verso un sistema di prelievo quali-quantitativo, aderente ai più recenti principi comunitari e, comunque, espressione di una caccia sostenibile, fatta innanzitutto di gestione.
Dunque, tanto nel merito della scelta adottata (appunto non condivisa), quanto ai suoi aspetti formali, questa Presidenza regionale non può che esprimere l'ennesima delusione. Inoltre, da giurista, non posso non ricordare che gli organi di giustizia amministrativa non entrano nelle scelte di discrezionalità tecnica della p.a., ma si limitano alle censure di carattere formale, secondo le patologie che possono affliggere la compatibilità dell'atto amministrativo adottato con norme di legge e/o di regolamento o che attengano ad un difetto istruttorio o carenze, insufficienze ed illogicità motivazionali. Dunque, ancora una volta il calendario venatorio adottato con delibera di giunta, si presentava claudicante in punto di diritto. Probabilmente dovrà darsi più attenzione a scelte curriculari piuttosto che di simpatie politiche.
Mi spiace, piuttosto che, inutilmente, nella infeconda verve polemica, sia stato coinvolto il povero orso marsicano, per il quale non posso non condividere le osservazioni e gli allarmi di Franco Zunino (http://www.wilderness.it/
La realtà marsicana ed i suoi orsi li conosco davvero bene, così come li ho sempre confrontati d'opinione con i miei stretti e personali amici che rispondono ai nomi di Anton Marincic (responsabile forestale orsi della Slovenia), Janko Mehle (direttore del sistema statale delle riserve slovene), Marko Jonozovič (direttore del servizio forestale sloveno), Djuro Huber (professore dell'università di Zagabria esperto internazionale di orsi). La tutela dell'orso passa primariamente attraverso la sua valorizzazione, nonché per il doveroso superamento dei conflitti atavici.
Questa polemica intrapresa non solo non aiuta tale finalità, ma la può soltanto esacerbare (con inimmaginabili conseguenze). Peraltro nessuno è immune da gravi censure per aver trascurato di "aiutare" l'orso bruno appenninico, nemmeno coloro che tempo addietro sono apparsi sulla stampa gridando a gran voce come ed ergendosi come salvatori. Basta informarsi per rendersene conto. Ed è sufficiente dipartire da una banale lettura ( P. Ciucci - L. Boitani, The Apennine brown bear: A critical review of its status and conservation problems, Ursus 19(2):130–145, 2008) per rendersi conto di come anche la sola ricerca scientifica sull'orso bruno appenninico faccia acqua dopo novant'anni di presunta tutela. Mentre, senza accennare a questioni spicciole (come il fatto che mai siano stati realizzati sotto/sovrappassi per evitare i continui e periodici investimenti) altra banale lettura (Kazensky et al., Illegal killings may hamper brown bear recovery in the Eastern Alps, Ursus 22(1):37–46 - 2011) può suggerire i migliori metodi di approccio verso i possibili e diversi conflitti con le realtà antropiche. Oppure, è sufficiente "copiare" le esperienze altrui (Huber et al., A multidimensional approach to managing the European brown bear in Croatia, Ursus 19(1):22–32 - 2008) tratte da paesi dove le densità di presenza di orsi sono davvero importanti (Servhenne et al., Status Survey and Conservation Action Plan - Bears, IUCN/SSC Bear Specialist Group 1998, passim).
Dunque, siamo ad un bivio, ed è forse l'ultimo o l'ultima fermata di un treno senza locomotiva fatto solo di scompigliati vagoni.
Per questo ritengo sia indispensabile non procedere a rattoppi, ma ridisegnare un'idea di gestione faunistico-venatoria da attuare secondo le regole delle competenze e del rispetto delle forme e dei contenuti di diritto. Nonché passando attraverso la creazione di iuna cultura venatoria che in questa regione non è mai esistita e che oggi declina verso la costante illegalità.
Inutile soggiungere che, astrattamente, la competenza della Consulta, in questa fase, apparirebbe preminente, se fosse costruttiva.
Giacomo Nicolucci
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